La mattina seguente alle 9 e mezzo furono fischiati all'ingresso dell'Università tre professori, al grido di "abbasso le spie, abbasso i Tedeschi". Sopraggiunse un drappello di Croati colle sciabole sguainate, e fu mischia accanita tra essi e gli studenti, spalleggiati dal popolo. Alle due e mezzo del pomeriggio si contavano già otto morti e nove feriti. In quella zuffa fu fatto a pezzi un tal Binda, studente del quarto anno di leggi.
Giunto l'annunzio della strage a Torino, gli studenti torinesi vestirono a lutto: similmente, poiché n'ebbero notizia a lor volta, gli studenti genovesi, che vollero aggiungere alla loro dimostrazione le solenni esequie in San Siro.
(156) Le notizie di Palermo erano giunte a Genova nella metà del gennaio: quelle della costituzione di Napoli, dovuta concedere dal quel Re, che presto la ritirò, erano state portate dal vapore Capri nel lunedi 31 gennaio. Confermavano queste il trionfo della rivoluzione palermitana: onde la gioia universale, e il proposito, manifestato in pubbliche dimostrazioni, di far cantare un Tedeum nella chiesa dell'Annunziata. Ed avvenne lo strano caso che alla solennità, non certamente fatta in onore del Borbone, potesse partecipare anche il suo rappresentante, console delle Due Sicilie in Genova, acclamato poi nella sera e fattosi alla finestra della sua casa per ringraziare il popolo plaudente. Confusioni del tempo, alle quali facevano riscontro, secondo le diverse opinioni, i giornali cittadini: ma l'iscrizione improvvisata quella mattina da Goffredo Mameli, e senza licenza dei superiori issata da Nino Bixio sull'ingresso maggiore del tempio, metteva a posto le cose.
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