(182) Angiolina, la maggiore delle due sorelle, allora viventi, di Goffredo. Era chiamata in famiglia col nome vezzeggiativo di Nina; come si vede anche in due delle lettere seguenti.
(183) La Corte d'Appello, nell'ordinamento giudiziario d'allora.
(184) Il cambio militare, avendo Goffredo estratto un numero basso.
(185) È la minuta di una lettera, tra le molte che il Mameli scriveva da Genova a Giuseppe Mazzini, tenendolo al fatto di quanto accadeva negli anni 1847-48. Questa è del '48, e del 7 marzo, come si rileva dai fatti che accenna.
(186) Metto l'indirizzo, che manca sul dorso del biglietto, scritto a matita su mezzo foglio di carta fine. Zaccarolo, donde è datato, è certamente Zagarolo, in Campagna Romana, fra Tivoli e Palestrina. L'anno, non indicato, il 1849. L'8 maggio fu appunto la vigilia del combattimento di Palestrina, dove Garibaldi inflisse la prima rotta ai Borbonici, condotti dal generale Lanza, e dove Goffredo condusse una carica vittoriosa contro l'ala sinistra del nemico.
(187) Questo biglietto, come si vede da ciò che scrive Goffredo della sua ferita, è anteriore, e di molti giorni, al 19 giugno 1849, nel quale apparve necessaria, e gli fu subitamente fatta, l'amputazione della gamba. Il Quirinale, a cui accenna il malato, era stato appunto trasformato in ospedale temporaneo, e il Bixio vi era stato trasportato.
(188) Il 28 giugno 1849. È questo l'ultimo scritto di Goffredo Mameli. Il fortissimo giovine ed amantissimo figlio, non piú illuso per sé, si adoperava a mantener l'illusione del suo risanamento nell'animo dei genitori.
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