Ed allora, se la Filosofia è attività del pensiero e l'attività del pensiero consiste nel pensare, è chiaro che la Filosofia è il pensiero in quanto pensa, cioè semplicemente il pensiero, poiché è inconcepibile un pensiero che non pensi perché, come tale, non sarebbe attività e non sarebbe neanche pensiero.
Dunque la Filosofia è il pensiero, e l'accusa di contraddittorietà alla Filosofia non è che un'accusa di contraddittorietà al pensiero.
Ora, per affermare che il pensiero sia contraddittorio, cioè che in esso vi siano delle contraddizioni, è necessario provarne le contraddittorietà, cioè cogliere le contraddizioni che siano nel pensiero. Ora noi ignoriamo che vi sia tavola logaritmica o strumento di gabinetto scientifico o di laboratorio medico-chirurgico che possa giungere a cogliere le contraddizioni che siano nel pensiero, per cui dobbiamo concludere che nulla può cogliere le contraddizioni che siano nel pensiero, fuorché il pensiero stesso. In altri termini, prima che il pensiero colga queste contraddizioni, nessun'altra cosa può averle colte, per cui - non essendo state ancora colte - non si può ancora parlare di contraddizioni e di contraddittorietà; ma se il pensiero le ha colte - poiché non può coglierle che il pensiero - esse, per il semplice fatto di essere state colte, sono state eliminate, cioè superate dal pensiero.
In conclusione il pensiero, malgrado sia attività, anzi appunto perché attività, non può essere contraddittorio (lo sarebbe invece - e lo prova anche la grammatica - se non fosse attività cioè se forse pensiero che non pensasse e ripetesse) ma coerente per eccellenza; e quindi, una volta identificata la Filosofia col pensiero, se ne desume che essa non può essere contraddittoria, ma per eccellenza coerente, e cioè che la Storia della Filosofia non è Storia delle contraddizioni filosofiche, ma Storia del pensiero che continuamente elimina le contraddizioni.
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