Dopo aver riportate le parole del Gentile, che sono di una straordinaria chiarezza ed evidenza, senza alcuna parola di commento, che certamente servirebbe a guastare l'effetto destinato a suscitare nell'animo dei nostri pochi lettori - ci affrettiamo ad affermare nel modo più esplicito che non siamo gentiliani. Non lo siamo per una ragione di indole generale, e cioè perché a noi ripugna il vezzo prevalso in tutti i tempi nella storia della Filosofia, di far seguire la desinenza iano o ista al nome di un pensatore originale per giustificare la propria mancanza di originalità: ciò - conveniamo - può essere utile a far godere a degli uomini empirici il beneficio immeritato della cattedra universitaria, ma non giova alla Filosofia, e neanche giova alla comprensione - che è sviluppo, cioè vitalità - della dottrina che si dice di voler professare. Non lo siamo nel caso specifico per la pena che in noi ispira il fatto di vedere una dottrina profonda come l'attualismo ed un pensatore profondamente originale come il Gentile - destinati l'uno e l'altro ad esercitare una influenza vastissima su tutti i campi dello Scibile - fatti scempio da una turba di mediocri adulatori che han trasformato in conventicola quella che doveva essere la scuola.
Non siamo dunque gentiliani, e perciò ci riserbiamo anche in avvenire la libertà di dissentire dall'attualismo come di convenirne; e questa libertà ci riserbiamo nei riguardi di tutte le scuole, perché non intendiamo - per servir la Filosofia - avere un Maestro nelle cui parole giurare; ma riteniamo che Maestri nostri sian tutti quelli da cui abbiamo da apprendere, siano essi autori di opere filosofiche, siano essi - e ne abbiamo dato la prova - uomini mediocri o volgari.
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