Sarebbe per noi indubbiamente più comodo, utilizzando ai nostri fini gli studi più recenti del Croce e del Gentile, partire dal concetto dell'Arte come imitazione degli antichi opponendolo a quello dell'Arte come creazione dei moderni, ma ciò renderebbe più difficile l'intelligenza della trattazione perché ci costringerebbe ad una lunga serie di citazioni. Seguiremo perciò la nostra via.
È dunque fuor di dubbio che i due primi moventi dell'Arte siano l'entusiasmo ed il dolore in quanto senza entusiasmo e senza dolore avremmo l'indifferenza e quindi l'opera d'arte verrebbe a mancare. Ora l'entusiasmo non e che il momento dogmatico dell'attività fantastica in quanto l'artista è, nello entusiasmo stesso, pervaso dalla sua rappresentazione che per lui non può che essere realtà obbiettiva, esteriore: certamente la critica, o meglio la pseudo-critica, specialmente quella filologica, troverà che la realtà obbiettiva (sic!) è diversa dalla rappresentazione dell'artista il quale ha completamente trasformato quella realtà, magnificando il valore di alcuni particolari, sminuendo l'importanza di altri, sopprimendo, aggiungendo - ma questa critica, anche se fu per lungo tempo ed è ancora padrona delle cattedre di Letteratura Italiana, non può che tradire ogni concezione dell'Arte, sottomettendo questa ai propri schemi mentali, peggio, alla propria mentalità. Perché il reale non è la pretesa realtà obbiettiva che l'artista si rappresenta, ma è lo stato d'animo dell'artista, è, in altri termini, l'attività fantastica; e l'obiettività della rappresentazione non dove essere intesa nel senso di un'adaequatio della rappresentazione stessa all'oggetto rappresentato ma una rispondenza di essa allo stato di animo.
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