Resta dunque la questione dell'irrazionale artistico che si opporrebbe al razionale filosofico; ma, prima di affrontar questo problema, è necessario esaminare il valore dei termini razionale ed irrazionale.
Abbiamo infatti ammesso che il pensiero deve imporre un rigore logico alla propria attività per la propria coerenza e concretezza e ciò implica necessariamente la razionalità del pensiero; ma questa razionalità non deve intendersi nel senso tradizionale, cioè aristotelico della parola, nel senso cioè che da alcune verità già date - siano esse leggi o fatti, universali o particolari - si debbano ricavare con i procedimenti classici della deduzione e dell'induzione dei fatti e delle leggi che poi sarebbero implicite nelle premesse stesse da cui siamo partiti: in tal guisa il pensiero sarebbe condannato ad un circolo vizioso, come lo fu dalle opposte e pur identiche scuole dello empirismo e del razionalismo, finché Emmanuele Kant non ruppe quel circolo con la sua sintesi a priori di pensiero ed esperienza.
La razionalità del pensiero non consiste nel tracciare la linea che il pensiero deve percorrere perché questa linea non può segnarla se non lo stesso pensiero - consiste invece nella coerenza e nella concretezza con cui il pensiero si sviluppa, si svolge storicamente: ché se noi abbiamo ammesso questo svolgimento storico del pensiero, il quale si arricchisce continuamente di elementi che prima eran fuori di esso - cioè trascendenti - è ovvio ammettere che delle volte al pensiero la realtà che è - come abbiam visto trascendente ed Immanente al tempo stesso - si rivela per altre vie che non siano la pura ragione, il sentimento cioè e l'intuizione.
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Emmanuele Kant Immanente
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