Infatti, se noi poniamo come criterio valutativo delle antitesi la realtà come atto del pensiero, risulterà che la Scienza è realtà in quanto è costruzione rigorosamente logica da parte del pensiero, che la Religione è realtà in quanto essa rappresenta l'atto del pensiero che riconosce la propria limitatezza di fronte all'illimitato e quindi si autolimita, che l'Arte è realtà in quanto esprime una reale situazione psicologica dell'artista.
Ora, se l'antitesi potesse avere un valore universale e perenne, cioè un valore superiore all'atto del pensiero, è ovvio che non potrebbero essere realtà tutti e tre i concetti - ma la realtà della Scienza implicherebbe l'irrealtà della Religione e dell'Arte o viceversa contro ogni criterio logico.
Già la storicità del pensiero, molto prima che nello Hegel, si trova affermata nel nostro Vico allorché questi asserisce che "gli uomini dapprima sentono senza avvertire poi avvertiscono con animo perturbato e commosso, infine ragionano con mente pura", nelle quali parole sono presso a poco quei momenti storici dell'attività del pensiero di cui abbiamo parlato nel nostro capitolo su "La Filosofia i Filosofi ed i sistemi Filosofici" o che poi abbiamo trovato nell'Hegel stesso.
Vero è che il Vico attribuisce a questi momenti un valore essenzialmente cronologico, cioè li collega fra loro in base ad un rapporto di successione anziché ad un rapporto di coesistenza - dal che verranno fuori quelle difficoltà che abbiamo incontrato nel su cennato capitolo e che chiarificheremo - ma in realtà è merito essenziale del Filosofo Napoletano l'aver posto il problema intorno a cui la Filosofia contemporanea ancora si affatica.
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