La Scienza non esiste che in poche nozioni frammentarie, ed è anch'essa considerata al servizio dello Stato: Archimede non è romano, ma il console Marcello vuole che egli abbia salva la vita, perché egli ha messo la sua scienza al servizio della sua patria. D'altronde il "Salus patriae suprema lex" ed il "Chi vuol salva la Repubblica mi segua" del Dittatore nell'estremo momento del pericolo caratterizzano tutto lo spirito romano: i Romani non vivevano che per lo Stato e tutto era in funzione dello Stato.
Ma lo Stato e un'organizzazione giuridica e, come tale, deve avere i suoi organi giuridici che non possono esser quelli degli altri Stati del tempo per il fatto che Roma è un organismo sui generis: non ha nulla a che vedere con la polis greca che è in lotta con la polis sorella per questioni di egemonia commerciale, od anche di territorio, in quanto Roma non fa questioni di egemonia, ma più esplicitamente di dominio; non può confondersi coi grandi Imperi delle antichità perché questi sono organizzazioni militari. Così Roma, non potendo prendere a modello gli ordinamenti giuridici degli altri Stati, deve elaborare un nuovo diritto o, per esser più esatti, dove creare il Diritto; e, mentre in essa le scuole che mirino alla specializzazione nelle arti, nelle scienze mancano oppure limitano il loro programma ad elementari rudimenti, le Scuole del Diritto fioriscono e restano acquisite alla Storia.
Ora gl'Italiani malgrado tutte le immigrazioni ed infiltrazioni eterogenee del Medioevo, non possono non risentire dell'influenza della tradizione, e così il Diritto che fu la vita stessa del popolo romano, continua ad essere l'orgoglio della nostra stirpe.
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