E quel che avviene per quello che è il più elementare dei nostri bisogni si verifica a maggior ragione per tutti gli altri; ma vi è qualche cosa di più: il modo dell'intervento delle varie forme di attività nel soddisfacimento dei bisogni in quanto queste attività, da quel che abbiamo detto, non risultano come separate ed alleate causalmente, ma come intimamente collegate e coordinate. Ciò presuppone evidentemente una attività superiore che le colleghi e le coordini e che perciò è l'unica attività umana, cioè l'attività del pensiero, di cui le pretese attività superiori ed inferiori, accessorie o necessarie non sono che semplicemente delle forme come ci proponevamo fin dal principio di dimostrare.
Veniamo alla questione della classifica delle attività in superiori ed inferiori oppure in accessorie e necessarie: ripetiamo che il criterio classificazionista si spiega e si giustifica nel campo del pensato che è il prodotto dell'attività del pensiero o di una determinata forma di esso - posto che, contrariamente a quel che provammo, possa agire una forma distinta - ma non può assolutamente giustificarsi nel campo del pensiero che e l'attività producente. Il pensiero cioè l'attività, classifica ma non è classificato, cataloga, ma non è catalogato, a meno che non si classifichi e si cataloghi da se stesso (ed in questo caso il classificato ed il catalogato distinguendosi dal classificante e dal catalogante cesserebbe di essere pensiero per divenire pensato, cesserebbe di essere attività per divenire prodotto dell'attività). Dunque nessuna classificazione delle attività, neanche delle forme dell'unica attività è possibile; tanto più è assurda quella implicita o esplicita, sia nella corrente mistica che in quella deterministica.
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