Si è tentato sciogliere questa difficoltà col definire anche l'educazione come insieme dei mezzi adoperati per modificare i nostri i caratteri fisici intellettuali e morali in un dato senso e per un determinato fine, ma in realtà questa nuova definizione non solo non risolve la difficoltà, ma la mette addirittura in maggiore evidenza: affermando infatti che la educazione è modificazione afferma implicitamente che é educabile ciò che è modificabile, che si è cioè educabili finché si abbiano caratteri modificabili. Ora chi si sente in grado di stabilire fino a quale età i caratteri umani siano modificabili? La più elementare delle esperienze dimostra che la modificabilità dei nostri caratteri fisici, intellettuali e morali dura quanto dura la nostra vita stessa, che continuamente noi regoliamo il nostro movimento e lottiamo per preservarci dalle malattie, che continuamente apprendiamo delle nuove cognizioni, che fino all'estremo giorno della nostra vita i nostri sentimenti possono mutare. È chiaro dunque che la distinzione dei termini è impossibile perché qualsiasi criterio razionale esclude che vi siano varie forme di vita nella Vita umana, perché razionalmente non esiste né l'infanzia, né l'età adulta, ma soltanto l'umanità.
Caduti i termini del rapporto, cade anche il rapporto stesso: l'infanzia non é qualche cosa di distinto e di autonomo dell'età adulta, è semplicemente l'età adulta del domani come questa è l'infanzia di ieri, ed anche ciò empiricamente considerandole, perché in realtà neanche questa distinzione regge se noi consideriamo che nel bambino si educa soltanto l'uomo per cui il fine dell'educazione è sempre l'Umanità, cui l'educazione stessa necessariamente tende, come, colui che empiricamente educa, si trasforma in bambino, sia in quanto ha dai bambini da apprendere, sia in quanto ha da adattarsi alla loro mentalità, cosa che non può se non rivivendo nel suo pensiero tutta la sua Vita.
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