Il Manni fu membro dell'Accademia della Crusca, degli Apatisti, dell'Arcadia e di altre società Fiorentine. Non pago della propria fama quasi universale, contribuiva di buon grado all'altrui, somministrando a chiunque il richiedeva consigli, documenti, notizie, e particolarmente intorno alla storia patria, letteraria, delle famiglie e città d'Italia, nel qual ramo di sapere soverchiava ogni altro.
Per avere il Manni ad un'indefessa coltura delle buone lettere accoppiato in sommo grado l'esercizio delle morali e cristiane virtù, si rendette venerando e chiaro a chiunque il conobbe, e il Fontanini lo acclamava per uno dei più diligenti, sinceri ed onesti letterati de' suoi tempi. Buon cittadino, buon padre di famiglia, impareggiabile amico morì in Firenze compianto dai buoni d'una febbre catarrale il 30 novembre del 1788, nella decrepita età di quasi 99 anni.
Il Manni sarà sempre venerato come uno dei più zelanti promotori delle buone lettere e dei primi luminari della Tipografia, e tale insomma da proporsi a modello a chiunque imprende ad esercitare questa bella ed utilissima arte. Emulo degli Stefani, dei Grifi e degli Aldi, ebbe sempre in ogni sua impresa la mira di giovare ai tempi ed alla propria riputazione. Il conte Giulio Bernardino Tomitano stese un lungo elogio di questo indefesso scrittore che diede alla luce nel 1789 insieme al catalogo delle innumerabili sue opere, al quale rimettiamo quelli tra i nostri lettori che fossero bramosi di più estese cognizioni intorno agli studi e alle fatiche di questo benemerito Italiano.
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