Ma senza allegare gli esempli, dall'Ennica Religione tolti, chi non sa che in un Canone del Concilio generale di Vienna fu già decretato, che i sacerdoti, per non dissimigliante fine, apparar dovessero le quattro lingue Caldea, Ebrea, Greca, e Latina? E san Girolamo non narra egli di sè, che quando era già ammaestrato sì nelle Arti liberali, come nei tre idiomi Ebreo, Greco e Latino, andando in Betlemme si sottomise, e si pose a scuola di un Ebreo per impossessarsi meglio dell'Ebraico, non isdegnando d'essere insieme antico maestro, e novello scolare per lo bisogno dell'ecclesiastica professione? Che maraviglia però, che il buon Carlo Magno avesse tanta premura che i monaci del suo tempo risplendessero nella migliore elocuzione, quanta se ne scorge dalle parole ch'egli scrisse all'abate Fuldense in un Concilio d'allora riferite? Di qui è altresì, che Agostino il santo voleva gli ecclesiastici nell'elocuzione disciplinati; soggiugnendo ancora un altro motivo, cioè di dover eglino saper piegare, e persuadere, ed insieme allettare chi eglino colle parole loro doveano instruire. Quindi ancora venendo co i tempi ai nostri dappresso, noi vedremo assai chiaro che nella patria nostra medesima, sede fermissima della lingua toscana, nel secolo aureo di quella non fiorirono meno gli ecclesiastici per purità di favella, che per santi, ed illibati costumi.
A sì fatta manchevolezza adunque provveder volendo nel Seminario suddetto l'ottimo pastore monsig. Illustriss. e Reverendiss. Giuseppe Maria Martelli arcivescovo fiorentino, mosso, cred'io, dalla parziale sua bontà verso di me, me stesso senz'alcun mio merito gli piacque di eleggere l'anno 1736 ad occuparvi tal posto, dal che hanno avuto occasione le presenti qualsisieno Lezioni.
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