Pur con tutto questo, di somma confusione sarebbe altresì quel poco ch'io dicessi a certuni, che dovendo per ragione della patria, se non altro, essere innamorati, e gelosi di questa favella, la dispregiano, e la vilipendono apertamente. In quel modo, che degli stomachi infermi avviene, che le buone delicate vivande nauseando, cibi insulsi e spiacevoli ad appetire son forzati; così nel fatto della lingua non mancano alcuni, che, malgrado il privilegio conceduto loro dal cielo, d'esser nati ove ella nobilmente fiorisce, ne aborriscono la cultura, e se vogliam credere a' sembianti, veraci testimoni del cuore, sembra che facciano ogni sforzo in parlar male, corrompendo contra ogni diritto, quello di cui dovrebbero esser custodi; e vaghi, e desiosi di avere di loro strania opinione seguaci, con essi motteggiando, pongono la favella in derisione, e fannosi beffe delle regole sue, da loro non solo non osservate, nè pur conosciute.
Ma ella s'è gloriosa, e ciò non ode;
laddove essi, col beffare quello che da riverire è, sol con le beffe e col danno si trovano. Quindi se a loro, e non a voi, studiosissima, e cultissima gioventù, diretto fosse qualunque sarà ora il mio ragionare, per poco potrei farli ricredere, dimostrando loro quanta necessità abbiamo di parlar bene toscano, perchè il parlar bene in questo idioma ci rende cospicui sopra gli altri popoli, che non ebber la sorte di nascere dove noi, vanto, che alla patria dobbiam conservare; oltrechè, la taccia di non sapere la propria lingua di troppa vergogna ricuopre, e lo schivarla quanto è agevol cosa, altrettanto di molta utilitade ripiena.
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