Avete mai con serietà posto mente, qual risalto dia in un ragionamento toscano, con la forbitezza dello stile la scelta delle buone ed espressive voci congiunta? Non è niun di noi, cui non sovvenga d'essersi più, e più fiate trovato a udir celebrare fino al cielo componimenti tali, che se fossero stati posti all'esame di una critica fina ed accorta, sotto la superficie leggiadra delle parole la sostanza delle cose sarebbe venuta meno, alla maniera di quei pomi, che d'aureo colorito al di fuori, non hanno per entro ciò che suole i sensi nostri appagare; ed, all'opposto, grave offesa ha provato talora il suo orecchio, se in una ben tessuta orazione, e con tutte le industrie dell'arte condotta, poche voci, o barbare ha udito, o disusate o plebee, o, quel che avviene più spesso, fuori di regola, che, quali macchie in drappo d'oro, vie più deformi, l'opra tutta sconciano sozzamente. Ma e quale ornato di eloquenza può fare spicco allorquando il fondo della favella, che usiamo, viziatamente è scorretto? Non si può sperare, son parole del Romano Oratore, che ragioni ornatamente chi correttamente non sa parlare. E, per ispiegarci vie meglio: non solo è da osservarsi, giusta il suo parere, che tali cose si pronunzino da non essere a buona equità ripresi, e che elle si conservino nei dovuti casi e tempi, e generi e numeri, talchè nulla discrepanza o perturbazione vi si ascolti, ma ancora, che la pronunzia, e 'l suono stesso, si moderi, e acconciamente al suo segno si conduca.
Per tutto ciò adunque mandare ad effetto non isdegnarono i primi letterati di Europa d'intraprendere lunghi disastrosi viaggi, e portarsi qua, ove ha suo trono l'eloquenza toscana, e qui dimorare a lungo, a fine, con la scorta giudiciosa del proprio orecchio, d'impossessarsi delle finezze più speziali di nostra lingua.
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