Quindi assegnar si potrebbe la cagione del mutarsi spesso l'A in E, per lo più larga, onde Piatoso, e Sanza dissero gli antichi, e Pietoso, e Senza diciamo noi; Grave poi, e Danaro, si dicono anche Greve e Denaro, e le voci nostre Grano, e Andiamo, gli Aretini le pronunziano Greno, e Andiemo; e sì la cagione del mutarsi l'E stretta in I, e l'O stretto in V, ed all'incontro queste in quelle, cioè la vicinanza grande che è tra loro, per la quale uno in profferendo l'E, ogni poco che inavvedutamente apra di più la bocca, l'A in vece dell'E gli vien pronunziata; e, per lo contrario, se l'A, volendo profferire, lo stesso varco un po' più gli venga fatto di strignere, l'E in quel cambio ne scappa fuori. Non dico già, come taluno, la stretta ad esclusion della larga, poichè è in tal caso sì piccola differenza, che l'una e l'altra si ode; per cui maisempre conoscere ha lasciato questa regola il Buommattei, che l'E stretta alla pronunzia dell'I pende alquanto, e l'O stretto ritiene del suono dell'V, nel che l'orecchio de' Fiorentini delicato, rado, o non mai dovrebbe ingannarsi ascoltando chi ben favella. Cosa che non può agevolmente fare un che dimesticamente non usi in Firenze, ancorchè in luogo poche miglia da noi discosto soggiorni, conciossiachè vari e discordi sieno e da noi, ed anche tra di loro, gli altri popoli, che qual pronunzia a un modo, e quale a un altro; affermando il Buommattei mentovato di aver sentito più volte tra' popoli della Toscana disputare se Stella, Ancella, e simili, abbiano l'E aperta o chiusa: ed io stesso mi trovai una fiata a udire in certo mode far tenzone sulla voce Sono verbo, se abbia il primo O largo, ovvero stretto; e di difficoltà in difficoltà discendendosi, se sia uniforme in Sono pri
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