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      Or per mandare suo disegno ad effetto, con esse figure, varie sue opere componendo, le diede alle stampe, e tra quelle un'Epistola per Clemente Settimo, fiorentino, dell'inclita casa de' Medici, pregando la Santità sua che, all'indennità delle lettere italiane provvedendo, introducesse tra le stamperie l'aggiunta di tali da lui trovati elementi. Se non che confondendo il Trissino per lo modo del suo lombardo pronunziare le due vocali aperte con le chiuse, e scambiando talora i caratteri coll'assegnare un elemento greco, che in quel linguaggio esprime tutt'altro da quello che ei volle nel nostro significare, venne a rendere ridicolo e pieno di confusione il suo trovamento; al quale si oppose l'erudito giovane Lodovico Martelli nostro, che per una sua epistolare Dissertazione mostrò come inutile e vana riusciva l'accennata invenzione; essendo egli per la sua parte di sentimento che non si dovesse alterare punto quello che anche gli antichi aveano già veduto, e disputato non solo, ma nelle braccia della primiera consuetudine rilasciato. Sopravvenne eziandio Agnolo Firenzuola, monaco Valombrosano, che fremendo di sdegno contra l'ardire di un forestiero, che sotto gli occhi di un Papa toscano, introducendo caratteri stranieri, avesse avuto tanto cuore di spogliare la Toscana del nome di quella lingua, che di sè stessa era andata sempre paga e contenta, e la quale il Boccaccio, Dante, e 'l Petrarca aveano collocata in tanta altezza; dimostrò in quel suo libro del Discacciamento delle nuove lettere, fra gli altri danni, che si toglieva così contro ogni diritto alla favella due bellissimi pregi, cioè la semplicità, e la naturalezza.


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Lezioni di lingua toscana
di Domenico Maria Manni
Editore Silvestri Milano
1824 pagine 179

   





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