Ma dove lasciamo noi il vantaggioso utile del fuggire così la repetizione frequente d'una stessa voce? la qual invero è sì offensiva delle orecchie purgate di chi ben coltiva le favelle, che molte fiate dal sovente replicare una parola medesima in un discorso, massime se la necessità non ne scusi, nasce in chi ascolta indicibile odiosità. Non era certamente odievole in Roma il nome di Traiano, testimonio ne sia Plinio il novello; e pure un nome tale per derisione herba parietaria fu detto, dal vedersi ogni poche braccia di muraglia replicato. E, per applicar questo al caso nostro, noi veggiam pure andar sovente in motteggio coloro che una qualche voce, o frase di replicare hanno in costume. Pregio adunque, anzi gran pregio di nostra favella, è il poter variar vocabolo a suo piacere. Diranno pertanto i Latini Clamor; e noi potrem dire Clamore, Urlo, Urlata, Urlamento, l'Urlare, Grido, Gridata, il Gridare, Gridamento, Gridore, come hanno gli antichi; Strido, Stridore, lo Stridere, Strillo, Strillamento, lo Strillare, Schiamazzo, Stiamazzo, e finalmente Rato, voce antica da pochi osservata: per tralasciare circa il Clamor una antica versione MS. de' Salmi, che legge: il mio chiamare vegna a te. Quello poi che i Latini Nomen, o al più con altro sinonimo son valevoli ad esprimere, ecco con che, abbondevolezza lo voltiamo noi Toscani: Appellagione, Appellazione, Appellamento, Denominazione, il Denominare, Nome, Nominanza, Nominazione; Nominata, come disse un antico Rimatore; Rinoméa, come Giovanni Villani, Rinomanza, e Rinominanza; oltredichè, vi ha per coronare sì lunga serie Rinomo, usato nell'antico tempo, e nel novello.
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