Ciò supposto, non vi saprei io dire, uditori prestantissimi, come sorgano in copia i chiosatori, affermando che i padri e maestri si deono alcuna volta dall'osservanza di simili precetti dispensare, e che a quelli, come schiavi a catena tener non si possono vincolati, quantunque il contravvenire a quelle istesse leggi sia in altri gran fallo reputato. Alcuni, e ben molti, prendendo di mira il solo passo del sonetto 93 del Petrarca, il quale dice:
. . . . . . . . . . . . . E ciò che non è lei,
Già per antica usanza odia, e disprezza;
avvengachè gli altri passi del Convito, e del Dittamondo sieno meno ovvj di questo, preteso hanno con animoso accorgimento, e con artificio, di provare che nel Petrarca quel Lei nominativo non sia, ma accusativo. Altri scrisse, che qui il Petrarca, come poeta che egli era, uscì di regola; ed altri che un caso per l'altro posto sia da lui per figura. Ridicola e strana è, a dir vero, l'nterpretazione che dà a tal passo il Sansovino, dicendo che esso vale: Odia, e disprezza ciò che non è odiare, e disprezzar lei. Chi mai udì spiegazione sì stravagante di un testo chiarissimo del Petrarca? Con questi, o simili accenti parmi di sentir ora lamentarsi il buon poeta:
. . . . . . . . . Di quali scoleViene 'l maestro, che descrive appieno
Quel ch'io dir volli in semplici parole?
Quanto era meglio, se star volevano attaccati alla vulgata lezione, il dire che il Che non è lei sente del latino, e trarlo a significare Fuorchè, Eccettochè, mentre i Latini adoprano il praeter coll'accusativo; con citare in conferma quello della Santa Scrittura, se mal non mi ricorda, Cum non sit alius Deus praeter te?
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