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      Che se alcuna eccezione alla regola di sopra accennata si dà, questa unica fia, che il verbo Essere colà, dove ha forza d'esprimere in qualche modo trasformazione d'uno in un altro, allora, benchè malvolentieri, accetta dopo di sè il quarto caso per distinguer due termini per azione, e passione differenti, dicendosi nel favellare, per cagion d'esemplo: io non son te, quasi dir si voglia io non son di venuto te. Tanto va filosofando un sottile gramatico di questa trasformazione, o vera o no ch'ella sia, sotto la quale non vien creduto che cada l'esempio famoso del Petrarca.
      Questa forzata condescendenza mi fa opportunamente risovvenire di un luogo del celebre Salvini tralle sue Prose Toscane nel tomo primo, ov'egli così graziosamente ragiona: Una Cicalata? Ha fatto sudare altre barbe, che non son lui. Ohimè! Egli, doveva io dire, e non Lui. Tant'è, ora ch'io l'ho detto, e che e' m'è scappata la parola di bocca, che non si può ripigliare, nè far tornare addietro, da poi che questo Lui per Egli, per dirla alla foggia d'Omero, ha fatta dalla muraglia de' denti la sua sortita, sia in buon'ora. Da qui avanti io propongo questa legge convivale, che in questa occasione si possa bel bello talora bastonare il Buommattei, per fargli vedere che ha fatto troppo il sottile e 'l soffistico in cosa che non importava, di voler dar regola a una lingua viva, quando l'uso del parlare è il solo e l'unico maestro delle lingue viventi. Indi, emendando quella uscita in grazia del Simposio fatta, soggiugne: Piano, piano un poco.


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Lezioni di lingua toscana
di Domenico Maria Manni
Editore Silvestri Milano
1824 pagine 179

   





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