Nè ancor terminano le autorità che il Longobardi adduce, soggiungendo che prima di Fazio Uberti era stato adoprato il Cui nel nominativo da Albertano Giudice, nel Trattato primo, capitolo trentesimoterzo della sua opera col seguente esemplo; Cui la Fortuna una volta perde, appena unque la restituisce.
Vera cosa è che Albertano fu da Brescia, esercitato avendo per lo comune di quella città la carica di capitano di Gavardo; alla cui custodia essendo, fu fatto prigione di Federigo II imperatore in Cremona, ove per la miseria crescendo in saviezza, scrisse l'opere che qui si citano, e le scrisse in latino. Tuttavolta, perchè la traduzione toscana di esse è di grande antichità, e fatta, si può credere, da uno, che o di patria, o di studio fu Toscano circa al 1238, perciò farebbe specie la riferita lezione d'Albertano, e darebbe ansa a chi tra noi di certi errati esempi va studiosamente in cerca, e a bella posta se ne serve di scudo, qualora per mero capriccio, lasciando le vie battute, affetta pellegrinità.
Ma toglier qui mi giova ogni rifugio a simili novatori, col fare ora palese che un MS. d'Albertano in toscano, di cui forse non si troverà al mondo il più antico, come quello che è del 1288, posseduto da un nostro letterato il sig. abate Niccolò Bargiacchi, legge, non come il Longobardi, dalle cattive stampe ingannato, Cui la Fortuna una volta perde, ma bensì Colui, lo quale la fama una fiata disfà.
Essendosi adunque provato bastantemente che il Cui è solo degli obliqui, rimane da far vedere come in simil guisa degli obliqui è l'Altrui, e che fallo, anzi grandissimo fallo è quello di alcuni che affermano che questo pronome eziandio nel retto si adoperi.
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