Dirà anche la vil nostra gente Amassimo, Amorno, o vero Amorono. Da noi poi, dietro la scorta de' buoni favellatori, si dica Amassero e Amarono; non prendendo alcuna ammirazione se negli antichi leggiamo Amassono, poichè tali voci, come delle monete avviene, aveano quel corso, che ora non hanno più.
S'introduceva anche ai buoni tempi Terminorno, per Terminarono, e ne fa fede Dante, che, allettato dalla rima, l'usò nel Paradiso al 28, ma nol dobbiamo seguire.
Si fugga altresì il costume della plebe in ciò che ella dice: Noi leggiano, Noi fareno, Noi verreno; Voi siate, per Sete o Siete. Ne' primi ognun si persuade facilmente che si deono pronunziare coll'M, quantunque si trovino talvolta in buoni autori, qual ne fosse le cagione, così scritti.
Se' e non Sei credette alcun nostro precettore, che avessero costantemente detto gli antichi nella persona seconda di questo istesso verbo Essere; ma per comun disinganno vuolsi riferire tale quale ella si è, l'annotazione che fa Egidio Menagio al secondo verso del Sonetto 13 del Casa, così dicendo: "Sei. Gli osservatori diligenti, e intendenti hanno molto ben considerato, che ne' Toscani antichi libri è sempre Tu se. Ma o nol seppe o volle far altrimenti Monsignor della Casa, che in un Sonetto suo dice così:
Fuor di man di Tiranno a giusto Regno,
Soranzo mio, fuggito in pace or sei:
e in questo, come in altro, è seguitato; e da quanti! son le parole di Giovanni Batista Strozzi nelle sue Osservazioni intorno al Parlare e Scriver toscano. Osservò l'istesso il padre Mambelli nel capitolo 224 delle sue Osservazioni della Lingua Italiana, che vanno sotto il nome del Cinonio: I buoni prosatori hanno Tu se, e non Tu sei, scritto sempre.
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