Aggiungendosi che di questa stessa sorta di poesia co' piedi alla latina, io feci altrove toccar con mano, primiero autore esserne stato Leon Batista Alberti. La verità adunque si è, che siccome per la misura de' piedi, i Latini ed i Greci si servono di brevi e di lunghe, in non dissimigliante guisa i Toscani si vagliono degli accenti grave ed acuto; dicendo brevi quelle sillabe che sono segnate d'accento grave, e lunghe, per lo contrario, l'altre che dell'acuto segnate sono; talchè, siccome appresso i Latini una sillaba lunga si dice che abbia il valore di due brevi, così appresso i Toscani una sillaba coll'accento acuto, il valore ha di due coll'accento grave. Quindi pertanto nasce l'accordo che hanno tra loro i versi endecasillabi toscani, benchè alcuni finiscano con parola piana, come rio, altri terminino con parola coll'accento acuto, come sarebbe fe, ed altri con voce sdrucciola, siccome macera. Cosa che si vede chiaramente in tutti i poeti, e per averne esemplo davanti, si osservino i versi VII ed VIII del Canto VIII del Purgatorio di Dante, che dicono:
Io son Virgilio, e per null'altro rioLo Ciel perdei, che per non aver fe;
e quello del Sannazzaro:
L'invidia, figliuol mio, sè stessa macera.
Dovendo adunque in ogni toscana parola trovarsi un accento, quindi è che le monosillabe tutte accentate sono, e se da una di queste incomincerà il periodo, magnifico a cagion dell'accento si udirà essere, e di gravità fornito. Per questo noi veggiamo che non pure il Petrarca da una monosillaba incominciò il Canzoniere, ma che il divino Dante, ed all'Inferno, ed al Purgatorio, ed al Paradiso della sua magnificentissima Commedia con monosillabe diede acconcissimo cominciamento.
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