Questi, fatto gagliardo impeto sui Cartaginesi vicino alla città d'Olbia, che il frutto esser dovea della vittoria, li mise in rotta più facilmente dappoiché Annone combattendo invano fra i primi e puntando con tutto il suo vigore contra i nemici, gloriosa morte incontrato avea nel più folto della mischia. Né mancò alle glorie militari di Scipione quella meno lusinghiera, ma più giusta della generosa compassione verso il nemico: ordinò egli [105 ] che il di lui corpo fosse tolto dal padiglione ed onorato con funebri pompe, alle quali il consolo istesso intervenne, confidando che presso ai Dei maggior pregio e presso agli uomini minor invidia incontrerebbe un trionfo confortato di questa testimonianza d'umanità.
Recatasi Scipione in mano dopo questa battaglia l'importante città d'Olbia, con tal asprezza inveì contro a quei Sardi che non calavano prontamente agli accordi, che il terrore del suo nome propagossi nell'isola intiera [106] . Non contento egli di affrontare apertamente i nemici, destreggiava anche talvolta onde sorprenderli disavveduti. Solea di notte tempo le più forti delle sue squadre porre in agguato a serenare, ordinando loro quietassero fino a che accostandosi egli colle navi, si dirigesse con simulato attacco contro alle città nemiche; assaggiata allora nel primo scontro una leggiera scaramuccia, facea le viste di voler fuggire, ed attirando in tal modo per qualche tempo dietro a sé le schiere sarde, l'occasione somministrava alla squadra nascosa di occupare con impeto le città indifese [107] . Di eguale stratagemma si servì anche talora nel calore stesso dell'assalto, abbandonando a fretta il campo onde incitare i popolani ad allontanarsi dalle città assediate [108] . Con tanta felicità infine fu governata questa prima campagna dei Romani in Sardegna, che parea volessero già i Cartaginesi, ed in terra e sulle onde espugnati del pari, abbandonare ogni loro conquista ai Romani, all'ambizione dei quali l'Africa sola oramai mancava [109] . Glorioso perciò fu il trionfo decretato in Roma a Scipione ed inscritto nelle tavole capitoline [110] , nel quale per la prima volta molte migliaia di schiavi sardi seguirono il carro del vincitore.
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