LIBRO TERZO
I Romani più paghi erano che tranquilli nel possesso della Sardegna, la quale ad ogni apparenza o di sperato ausilio o d'interrotta vigilanza tentennava di nuovo nella sommessione; e perciò gli anni primi del loro novello dominio, e quelli particolarmente che corsero prima della rottura della seconda guerra punica, segnati furono da continove ribellioni.
Pochi mesi erano passati dopo il trionfo di Torquato, e già i Sardi levavano altra volta in capo, tentando di scuotere il giogo romano; fecesi perciò provvisione che i consoli Lucio Postumio Albino e Spurio Carvilio Massimo assembrassero una poderosa soldatesca, onde comprimere la sedizione; ma vana riescì in gran parte questa spedizione, perché Publio Cornelio, cui dato ne fu il governo, cadde vittima assieme a gran parte dei suoi d'un morbo contagioso che serpeggiò nell'esercito; perlocché fu d'uopo, per contenere i rivoltosi sollevatisi d'animo dopo tal malore, passasse dalla vicina Corsica in Sardegna Spurio Carvilio consolo ed impiegasse le forze residue e le sopraggiunte a debellarli; ciò che meritogli poco stante le trionfali [125] .
Al nuovo consolato, nuovo sollevamento: tanto era profondo nell'animo de' Sardi l'odio alla romana signoria, che né le stragi, né la schiavitù, né la facilità stessa della repressione valevano ad ammorzare i sempre rinascenti, benché sempre mal tornati tentativi d'indipendenza. Né ad alcuno cada in pensiero che siccome con un laconico cenno di sconfitta o di trionfo notansi nelle antiche storie questi frequenti scontri degli eserciti romani con quei poco domabili provinciali, così od agevoli o di poco momento sieno stati, in modo che mal convenga il chiamar guerra ciò che a giudicarne dalla rapidità delle narrazioni potrebbe appena riputarsi leggiera scaramuccia.
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