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      Quietava egli, dopo la presa di Casilino, in Capua, allorquando dalla Sardegna giunse al senato un messaggio di Aulo Cornelio Mamula, propretore dell'isola: alla soldatesca ed ai soci del navilio mancar oramai la quotidiana distribuzione degli stipendi e del frumento, né modo vedersi come sopperirvi; solleciti addunque fossero i padri di toglierlo da sì pericoloso impaccio. Troppo inopportuno era il tempo per soddisfare a tal dimanda, onde il senato contentossi di rescrivere esortando Cornelio a far da sé provvisione, acciò al navilio ed all'esercito nulla mancasse [137] . Ben a ragione Valerio Massimo [138] , riportando tale risposta, notò quanta necessità premesse il senato in tal frangente: e che altro, dic'egli, importava tal mandato, fuorché lasciarsi sfuggir di mano il governo d'una provincia che benignissima nutrice era di Roma, sostegno d'ogni guerra, e che con tanto sudore e sangue recata erasi in mano?". Nutrice in effetto fu allora la Sardegna dell'esercito, e nutrice benigna, che di tal parola anche Livio si prevale nel narrare la facilità con cui Mamula incontrò nelle città socie dell'isola prontezza e liberalità di sussidio. Né fa poca meraviglia il vedere che in un periodo di tempo così pericoloso pei Romani, preceduto, come già si disse, da parecchie calde rivolte, e seguito, come vedremo fra breve, dalla caldissima di tutte, tanta condiscendenza siasi mostrata, se già non vuol pensarsi che molto esteso fosse a tal tempo in Sardegna il partito romano, o che molta influenza abbia spiegato in questo negozio, come si vedrà esser altra fiata accaduto, la benivoglienza degli isolani per la persona di quel propretore; ché tal è pure l'indole dei popoli anche li più contumaci nelle loro opinioni, ma di animo generoso, non mai piegarsi alla forza, tutto accordare alla dolcezza.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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