L'infelice giovanetto Iosto, puntando fra i primi combattenti [148 ] e con l'ardore della sua età cercando la gloria fra le schiere nemiche, aveva incontrato la morte; il padre, più di lui infelice, viste le sorti sinistre della sua armata e sdegnando di calare ad alcun accordo, riparavasi con i suoi più fidati nell'interno dell'isola, allorquando il messaggio gli giunse dell'immaturo destino del suo figliuolo. Conoscendo allora che, vecchio duce, egli non potea sopperire colle sue forze alle cose della patria ridotte allo stremo e che, non più padre, non avea oramai a chi trasmettere l'eredità del suo nome e del suo odio contro a Roma, aspettata la notte, acciò il suo disegno non fosse per alcuno impedito, colle sue mani si uccise, non sapendo sopravvivere al disastro della patria ed al figlio [149] . La fama sua istessa poco poté sopravvivergli, perché gli scrittori romani, intenti a magnificare le cose proprie, con rapidità e talvolta con dispregio rappresentarono le virtù dei nemici: prova ne sia l'aver essi tacciato [150 ] coll'ingiusta nota di viltà e di debolezza gli sforzi fatti dagli isolani in questa sventurata fazione, quantunque debole non sia sempre il vinto e vile non mai allorché muore per la patria. Ma se queste mie pagine avranno a passare alla posterità, il nome di Amsicora e quello di Iosto non più si dovranno a malapena rintracciare negli annali d'una nazione che colla mole delle sue geste eclissò rinomanze anche più grandi, ma la loro gloria poggierà sovra un terreno più propizio, e questa storia ingemmata del loro nome ricorderà in ogni tempo a' miei nazionali la costanza di quel canuto duce, e forse l'animo del lettore generoso e sensivo tocco sentirassi di compassione pei casi del giovanetto di lui figliuolo.
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