Pagina (95/1187)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      A Fabio narrai un tutto ma egli ne fece un affar suo, e mi disse non poter in verità rinunciare al sospetto concepito sul mio conto. Ti prego adunque, abbi ad indagare che cosa ne sia di quel nostro; di me non curarti punto: m'accomoda daddovvero l'odiar qualcuno volonterosamente". Questa persona che nostra chiama Cicerone in tal luogo, il figliuolo era di Quinto suo fratello, a riguardo del quale troppo premeva a Cicerone il conoscere se il rancore di Tigellio nuocer potesse alla di lui sorte nascente; onde raccomandava all'amico d'investigare cosa quel liberto ne pensasse. Più ondeggiante si mostrava poco dopo Cicerone collo stesso Attico [254] , maravigliandosi che nissuna cosa si fosse conchiusa con Tigellio: ad ogni costo desio saperlo, diceva egli, quantunque un'acca non m'importi". Li quali due sentimenti quanto sian conciliabili, ognun lo vede. Se non che Cicerone istesso si manifestò più aperto allorché significando ad Attico [255 ] l'imminente arrivo del figliuolo di Quinto, incalzavalo a conciliargli Tigellio, a farlo senza riserva, ed a dissipare l'ansietà d'animo che perciò sentiva.
      Bastanti sono questi cenni di famigliare confidenza a scemare lo sfregio di cui Cicerone notar volea quei due suoi nemici, i quali non persone volgari al certo erano, se l'obbligavano quasi suo malgrado a mostrar pentimento dell'occasione da lui data alla nimistà; come non lo poteano essere, se ai due più grandi moderatori della repubblica piacquero; e se anche prima di ottenere il favor loro, uno di essi tal era da poter, quantunque straniero e liberto, esser utile a quell'oratore nella petizione del consolato.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





Fabio Cicerone Quinto Cicerone Tigellio Cicerone Attico Tigellio Cicerone Attico Quinto Tigellio Cicerone