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      Solamente può estendersi alle colonie di Torres e di Uselli la generale obbiezione fatta da Cicerone alle città sarde nella sua arringa per Scauro, e dirsi che posteriore certamente fu quel privilegio al compimento dell'ottavo secolo di Roma.
      Se conveniente fosse l'inserir qui una breve contezza della condizione di queste città privilegiate, basterebbe il riportare la spiegazione fattane da Aulo Gellio nelle sue Notti Attiche [407] , il quale intento a rischiarare quelle dubbiezze che già erano insorte in Roma in tal proposito, ne dichiara: come i municipii si componevano di cittadini governati colle istituzioni e colle leggi proprie, e partecipanti solo all'onore della romana cittadinanza per ragione della comunione più o meno estesa di qualche diritto dei Quiriti; mentre che le colonie con altri legami unite trovavansi alla metropoli, né straniere vi giugnevano, ma comune aveano con essa l'origine, e quasi sua propaggine chiamarsi poteano, serbando le leggi ed i dritti del popolo romano, prive di proprie istituzioni. Da ciò si riconosce che se più indipendente mostravasi la condizione dei municipii reggentisi con leggi proprie, più nobile quella era delle colonie, ver le quali maggior splendore si rifletteva dalla metropoli per la comunione di patria e di leggi con esso loro. Né perciò deve far meraviglia che sotto l'impero di Adriano siasi disputato qual delle due fosse preferibile, se una colonia che figliuola potea dirsi di natura, od un municipio che figlio era di adozione.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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