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      Maggiore poi, ed a ragione fu il discredito di quella pianta così funesta chiamata dal nome dell'isola sardonica, e la cui acrimonia si dice tale, che contraendosi i nervi della bocca, costringe l'infelice, il quale se ne ciba, a perire fra gli spasimi di una convulsione somiglianti in tal qual modo ad un riso forzato [426] . Da questo riso che risiede solo sulle labbra, mentre nel cuore è la morte, si fé procedere la denominazione di quel ridere simulato con cui il traditore accarezza, l'adulatore lusinga, l'insultato compiacesi nel pensiero della futura sua vendetta, l'orgoglioso dissimula il proprio torto. Antichissima trovasi presso ai Greci la menzione di quel riso, e i poemi stessi d'Omero la contengono. Giunone [427 ] istizzita era contro a Giove perché compiacente erasi egli mostrato a Tetide, illustrando, colla sinistra sorte dei Greci, lo sdegno di Achille; minacciata dal consorte, si assise nullameno fra i Numi, chinando i suoi grandi occhi e premendo nell'animo il concepito livore. Vulcano, di lei figlio, con parole adatte esortavala nel mentre alla sommessione: e videsi allora la dea dalle bianche braccia ridere, comecché a malincuore, e ricevere dalle mani del figliuolo l'offertole nappo. In questo tratto il riso sardonico è solo dipinto da quel gran poeta; nel seguente si nomina espressamente. Ulisse [428 ] assisteva al banchetto dei Proci e rivolgeva già nell'animo le prossime sue vendette; Ctesippo, che più malvagio era degli altri, schernendo un ospite di povera apparenza e levando su da un canestro una zampa bovina lanciavala con villania contro all'eroe; ma questi avendola sfuggita con declinare alquanto il capo, rise in quell'atto", secondo l'espressione del poeta, d'un cotal suo riso sardonico".


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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