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      Per lo stesso motivo il Papebrochio, altro dei continuatori della ponderosa compilazione dello stesso Bollando, con tanto rigore di critica imprendeva a sostenere eguale assunto, che non sentiva ritegno veruno nel tacciare colle parole le più aspre la popolare credenza dei Sardi. Parimente l'Ughellio, illustratore delle antichità sacre dell'Italia, interrogato se, dappoiché avea consumato il suo lavoro sulle chiese della penisola, intendesse di pubblicare le sue ricerche sulla storia ecclesiastica della Sicilia e della Sardegna, rispondeva: trovarsi egli sì fattamente impigliato in gravi difficoltà per ragione delle dubbiezze insorte sui monumenti novelli della Chiesa sarda, che più cauto partito reputava quello di seppellire le sue disquisizioni nell'oscurità del manoscritto [462] . Soprasta a questi nella veemenza della critica il chiarissimo Muratori. Derivò egli principalmente le sue obbiezioni dall'ambigua intelligenza dei caratteri iniziali delle inscrizioni, li quali si poteano riferire non tanto ad un beato martire, quanto ad un uomo che lasciò di se buona memoria, o che bene meritò della patria, o che nella buona morte dei giusti chiuse i suoi giorni. E citando gli esempi di queste diverse interpretazioni, conchiuse con severa sentenza notando condiscendente oltre modo essersi mostrata la censura fatta dall'Inquisizione generale di Spagna, coll'aver emendato in più luoghi l'opera del Bonfant, storico principale di quell'avvenimento; ché miglior espediente saria stato, diss'egli, quello di cassare la scrittura intiera con un solo tratto di penna.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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