Onde di rinnovati concilii e d'una più efficace e decisa interposizione di Teodorico si ebbe bisogno per assopire quelle furibonde e sanguinose discordie [536] .
Mentre l'animo del pontefice era ancora agitato da tanti turbamenti, giugneva a lui la novella della relegazione alla quale erano stati condannati nella Sardegna da Trasamondo i vescovi africani. E non si può dubitare non abbia egli infelice portato più viva compassione a quelli infelici, e non sia surta nell'animo suo colla commiserazione la rimembranza della patria carità. Non mancò perciò egli, come Anastasio ne fa fede [537] , di copiosi soccorsi agli esuli, fornendoli in ciascun anno di danaio e di vestimenta. E siccome agli sventurati, il cui cuore è temperato a generosi sensi, giova meno il sovvenimento che la delicata partecipazione ai propri rammarichi, sollevava ad un tempo il pio pontefice il loro spirito con indirizzare ad essi le parole balsamiche della consolazione [538] .
Nel principio dell'esilio Fulgenzio non avea potuto secondare che imperfettamente la vocazione sua alla vita monastica, e si dovette contentare di accompagnarsi nel privato suo ospizio con alcuni vescovi, monaci e chierici suoi seguaci, formando così l'immagine di una casa religiosa, ove riduceansi i cittadini di Cagliari come a scuola di sapienza e di religione per udirvi interpretate le divine scritture, e come a tribunale di pace per vedervi composte le loro differenze [539] . Dopoché, tornando vana a Trasamondo la chiamata di Fulgenzio in Africa per ismuoverlo dalla sua fermezza, fu questo vescovo rispinto nell'antico esilio, prima sua sollecitudine si fu quella di innalzare in Cagliari un monistero presso all'antica basilica di S. Saturnino, ove dall'arcivescovo Primasio gli era stato conceduto un luogo acconcio.
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