Malgrado di questa crescente fortuna delle armi saracene, la Sardegna, per quanto a me sembra, soggiacque più tardi di altre nazioni al dominio di quei barbari, dacché si può dimostrare che nel declinamento del nono secolo eglino non vi aveano ancora fermato stabile soggiorno. Vagliomi a tal uopo dell'argomento medesimo che il chiarissimo Muratori derivò dalla narrazione da Anastasio Bibliotecario tramandataci di alcuni eccessi scandalosi che il pontefice Niccolò I volle sradicare nell'isola [622] . Era pervenuto a notizia del pontefice anche per lo mezzo di alcuni suoi famigliari di sardo lignaggio, che dai giudici sardi e dal popolo loro suggetto continuavasi l'usanza di contrarre nozze incestuose, della quale fino dai tempi di Gregorio IV papa erasi conosciuta l'introduzione. Desiderando pertanto Niccolò di combatterla efficacemente, spedì nell'isola due zelanti suoi messaggi, Paolo, vescovo di Populonia, e Sasso abate, commettendo loro d'illuminare in quel proposito gli erranti, di percuotere colle censure i contumaci. Ambi questi mezzi furono impiegati da quei prelati; e se la grande accolta di gente che si strigneva intorno ad essi, come narra Anastasio, è indizio del frutto prodotto dalla loro predicazione, puossi affermare che non lieve vantaggio si apportò per quella legazione ai costumi o perduti o non bene indirizzati dei popoli [623] .
Dissi non bene indirizzati, perché resta ovvio il presumere che in sì lungo conflitto con quelle bande maomettane, ogni fermata di queste abbia anche partorito una guerra religiosa; e che in tali guerre la devastazione dei luoghi dedicati al culto e le persecuzioni contro alle persone ecclesiastiche abbiano tratto tratto privato il popolo del conforto delle congreghe religiose e del consiglio dei suoi pastori.
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