Frattanto, siccome delle malvagie costumanze dei giudici sardi si parlò nel provvedimento del pontefice Nicolao, e si chiarisce perciò che nella di lui età esisteva già nell'isola un'autorità della quale nei secoli seguenti largo aprirassi il campo di descrivere le vicende, gioverà qui intrattenersi ad indagare, se fia possibile, le origini meno dubbie di tali governanti. Articolo questo, che lo stesso dottissimo Muratori trovò coperto di densa oscurità, e nel quale forse a niuno sarà dato di poter spargere lume sufficiente.
Non è quello il solo ricordo che dei giudici sardi ci dia cenno in quell'età. Si riferisce a Leone IV pontefice, e perciò alla metà dello stesso secolo IX, una lettera scritta ad un giudice della Sardegna, nella quale dimostra il pontefice esser egli alieno dall'assecondare alcune dimande presentategli, non conformi alla canonica disciplina [625] . Ma siccome la fede dovuta a tal lettera è riposta nell'autorità di Ivone, vescovo carnotese, che ne fece una leggiera menzione nel comunicare al legato apostolico Ugone, vescovo di Lione, qualche suo pensiero sulla osservanza delle antiche discipline; perciò io senza negare a questa lettera, ed all'altra contemporanea riportata dal Fara [626] , il dovuto riguardo, prescinderò dal valermene; poiché gioverà meglio il tentar di rischiarare con sole indubitate testimonianze questo buio argomento.
Più antica ancora è quella menzione che nelle epistole di Gregorio Magno si trova fatta dei giudici laici della Sardegna, in quel luogo ove il pontefice rimprovera Gianuario, arcivescovo di Cagliari, perché per lo poco conto di lui tenuto da quei giudici, il clero era da essi oppresso più sfacciatamente [627] . Ciò nonostante avendo altra volta mostrato [628 ] come all'età di san Gregorio il supremo potere si esercitava nell'isola, per parte degli imperatori greci, da magistrati fregiati di diversa qualificazione, non devo confondere il nome di quei giudici subordinati con quello degli altri giudici, nei quali risiedeva un dominio sovrano e che il titolo assunsero più volte di re delle quattro provincie sarde; al pari dei governanti di altre nazioni, presso alle quali il nome venerevole di giudice distinse le persone investite della maggior podestà [629] .
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