Raccontando adunque l'annalista i fasti del suo monistero appartenenti ai primi anni corsi dopo la metà del secolo undecimo, narra che Barisone, re di Sardegna, presentò i monaci di Monte Cassino di due grandi e ricchi pallii, pregandoli a voler inviare in Sardegna alcuni dei loro compagni; i quali, partiti in numero di dodici con Ademario abate, e poscia cardinale, alla volta dell'isola, imbattutisi in alcune navi di Pisani, barbaramente furono da essi spogliati di ogni suppellettile presso all'isola del Giglio, essendo rimasto agli otto monaci sopravvissuti a quel disastro, dopo l'incendio della loro nave, il solo scampo di riparare nuovamente per diverse vie al monistero. La qual cosa mal comportando Barisone, dopo aver ottenuto dai Pisani la conveniente riparazione per un atto così ostile e barbaro, indirizzò novella preghiera ai Cassinesi, acciò obbliando il sofferto insulto si rincorassero di spedire di nuovo in Sardegna i desiderati loro confratelli. Preghiera che fu da essi accettata; poiché dopo due anni altri monaci furono colà mandati, ai quali Barisone fece la più onorata accoglienza, donando loro le chiese di S. Maria di Bubali e di S. Elia di Monte Santo coll'intiera montagna così appellata e con molti coloni, schiavi e poderi vastissimi, onde erigere il novello monistero. Bene ragguardando ai tempi nei quali tali fatti accadettero, ed alla conformità degli atti di generosità riferiti in questo e rammentati in quel monumento a favore dello stesso monistero di Monte Cassino, molto facilmente si viene a conghietturare che il Barisone re di Sardegna non altro poté essere che lo stesso ascendente di Gonnario di Torres.
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