E ciò a mio pensiero si può conseguire affermando: che la Sardegna fu più volte nella prima metà del secolo undecimo minacciata ed invasa da uno o più capi di Saraceni del nome di Museto; che più volte fu riscattata dalle loro mani colle forze ora sole dei Pisani, ora collegate con quelle dei Genovesi; che le gare fra le due nazioni conquistatrici si accesero fin dal principio, come arsero per lungo tempo nel progresso della signoria; che varie terre diventarono allora patrimonio di nobili famiglie straniere; che il dominio supremo infine della maggior parte dell'isola restò in quei primi tempi in potere del comune pisano; il quale mentre ne riconosceva l'investitura or dall'impero, or dalla sede pontificia, esercitava la sua podestà nell'isola per mezzo degli antichi giudici del luogo, se poté fermare con essi qualche accordo; o col mezzo di patrizi pisani decorati di egual titolo tuttavolta che poté giungere a debellare i vecchi signori, o che con novelle divisioni di provincie ebbe l'opportunità di aumentarne il numero.
Queste circostanze sono le sole che meritano di venir apprezzate in quel tramestio di avvenimenti, perché procedono non tanto dalla somma delle narrazioni, come dalla natura stessa delle cose. E questa è sempre il miglior lume dello storico criterio; nient'altro essendo per l'ordinario le azioni degli uomini che la conseguenza necessaria della positura in cui trovansi. Del rimanente io lascio agli illustratori delle istorie di quelle due repubbliche la briga dei maggiori schiarimenti; e noto solamente non parermi punto strano quel complesso di esagerate e contrarie sentenze; poiché colla conquista importante della Sardegna i fasti incominciarono della potenza marittima di quelle due famose repubbliche italiane; ed i primi gloriosi fatti d'arme d'ogni nazione raccontati furono e creduti con quell'istesso entusiasmo con cui furono intrapresi.
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