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      Quella tiepidezza dell'arcivescovo cagliaritano non era punto imitata dal novello giudice di quella provincia indi a poco succeduto ad Onroco e che avea nome Arzone, e dal di lui figliuolo Costantino, ambi larghi donatori verso i monaci benedettini; ai quali il primo concedette, per la fondazione d'un monistero della loro regola, le chiese di S. Giorgio di Decimo e di S. Genisio; ed il secondo confermò le largizioni paterne, erigendo al tempo stesso un altro monistero chiamato di S. Saturnino, coll'assegnamento di copiose entrate e di molte chiese. Né della liberalità sola restò il ricordo, ma la cagione ancora del dono ci è nota per una lettera di Costantino, che le pessime usanze rischiara di quei tempi; nei quali la religione o contaminata dai vizii, o svisata dall'ignoranza, presenta anche nella Sardegna tratto tratto rimembranze lagrimevoli. Io Costantino, re e giudice, dic'egli in quella lettera, per riparazione dei miei falli e di quelli dei genitori miei, dichiaro voler abbandonare le pessime consuetudini degli antecessori miei e degli altri principi della Sardegna, vale a dire, di concubinato, di omicidio e d'incesto; lascio piena libertà alla Chiesa nella consagrazione dei suoi vescovi e dei suoi sacerdoti; le decime e le primizie ecclesiastiche prometto da questo giorno pagare con fedeltà" [701] . Bastano questi pochi cenni per far conoscere la condizione di quei tempi, ed insieme per giudicare che le copiose largizioni dai regoli sardi fatte in quell'età mossero più volte da cagione eguale a quella dichiarata da Costantino; benché non sempre si possa credere siano state accompagnate con pari ravvedimento.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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