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      Ma i Genovesi vollero correre quel pericolo, e spregiando le minaccie dei rivali, in breve trasportarono Barisone nella loro città [744] , senza che i Pisani abbiano fatto verun tentativo per impedirneli; essendosi contentati di spedire nell'isola Ildebrando di Ranucci Ianni, loro console, per far giurare a quei giudici una triegua fino al ritorno di Barisone; e d'inviare in quelle marine otto loro galee, onde vietare ai nemici di trascorrere a qualche violenza [745] .
      Si mossero ad incontrare Barisone nel suo giungere in Genova i consoli stessi della città; donde essendo egli indi a poco partito alla volta di Pavia, accompagnato cogli oratori genovesi, Lanfranco Alberigo, Piccamiglio, Guglielmo d'Oria, Gionata del Campo, e dai giureconsulti Bigotto e Guido Landense, ebbe ivi nella chiesa di S. Siro dalle mani stesse di Federigo il diadema regio, col quale solennemente fu incoronato [746] . Ed anche in mezzo a tal apparato e a quelle pompe regali si udirono le querele dei Pisani; i quali non rimaneansi del rampognare Federigo, rammentandogli l'antica fede ed i pericoli affrontati a di lui pro; né sapeansi dar pace nel vedere che per una esigua somma di denaio venisse loro tolta la signoria d'un'isola da lungo tempo occupata, per venir conceduta ad un uomo cui dessi chiamavano loro vassallo. Nel mentre che i legati genovesi, di fervida natura anch'essi, l'indipendenza esaltavano di Barisone: esser egli quello che da più anni avea sostentato colle sue entrate la città di Pisa; mal fondarsi sopra un'usurpazione il potere dei Pisani; non meno all'una che all'altra repubblica esser dovuta per ragione delle antiche conquiste la sovranità della Sardegna.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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