Giacché sebbene fossero posseditori del luogo di S. Gillia donde poteano con miglior fortuna dar briga ai nemici ed indirizzare i nuovi assalti, nissun altro risultamento ottenne la missione colà di un secondo navilio comandato da Gioachino Calderario, salvo la preda d'una nave pisana che salpava dall'isola carica di molto argento; ed il supplizio di alcuni congiurati; i quali, tramando di consegnare quella terra ai Pisani, furono dagli implacabili loro signori barbaramente arsi vivi [857] . I Pisani adunque, i quali per colmo di tranquillità venivano in quel tempo medesimo prosciolti con una bolla del pontefice Alessandro IV dalle censure incorse per le parti seguitate dell'imperatore Federigo contro alla Chiesa romana [858] , più che mai si confortavano della fidanza di non lasciar escire dalle loro mani quella fortezza, che eglino i primi aveano edificata.
Si spense allora dopo aver durato meglio di due secoli il titolo e la signoria dei giudici cagliaritani; e la provincia smembrata cadde in potere di tre famiglie patrizie di Pisa, mentre la capitale, e per quanto ne pare, anche la podestà maggiore nella terra intiera si riserbava alla repubblica. Cominciarono perciò in tal tempo, od almeno cominciarono senza disturbo ad esser esercitate le signorie di alcune parti del regno cagliaritano; del quale vidimo già una terza porzione posseduta dal giudice Guglielmo di Arborea; ed altra simile si trovò in potere del giudice di Gallura chiamato Giovanni o Chiano; rimanendo l'altra porzione divisa fra Ugolino e Gerardo, conti della Gherardesca, i quali in quelle fazioni comandavano al pari di quei due giudici l'esercito pisano [859] .
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