Anzi alcune di tali terre trovansi nelle antiche carte notate col nome di terre del regno; onde se ne può trarre argomento per distinguere il privato patrimonio di quei principi, nel quale era pienamente libero l'esercizio del diritto di proprietà, da quello che propriamente si potrebbe chiamare patrimonio della corona, e che restando inalienabile passava da un giudice all'altro, come dote della signoria [927] .
Tuttavia non è difficile il far concetto che malgrado di siffatti vantaggi, scarsa anziché larga fosse la fortuna di quei regoli. Indizio indubitato di ciò somministrano le venture ridevoli del giudice Barisone; il quale, abbandonata appena la sua reggia, per cagione di quella sua smodata ambizione della sovranità dell'isola intiera, si trovò così manchevole di denaio nel satisfare alle sue promesse, che n'ebbe dall'imperador Federigo le male parole; e così leggiero di speranze nelle future riscossioni, che obbligò il comune di Genova ad assicurarsi della di lui persona.
Tanto maggiormente adunque si deve in quella strettezza biasimare il continuo largheggiare dei regoli sardi a pro delle chiese e stabilimenti stranieri; se già non deesi presumere che a quelle largizioni abbia dato maggior impulso la convenienza politica, la quale è pur dessa talvolta una imperiosa necessità e non già lo spirito di pia liberalità. A questa politica convenienza era anche da attribuire l'assenza frequente de' regoli dalle loro provincie, onde trattare personalmente presso alla repubblica nella quale aveano acquistato maggior entratura, le principali loro bisogne.
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Barisone Federigo Genova
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