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      Cominciavano perciò i Pisani ad ammansirsi nella resistenza loro e già davano vista di voler fermare un accordo. Tuttavia non si rimaneano del travagliare i nemici con improvvise sortite dal castello ogni qual volta ne veniva il destro. Anzi inteso dover l'infanta passare da Villa Iglesias al castello di Monreale, sottoposto al giudice, ed essersi dall'esercito separati, per farle scorta, cencinquanta cavalli, Manfredi, il quale malgrado delle sue ferite agognava le occasioni di voltar la sorte a suo favore, tentò di sorprendere l'esercito assottigliato per quella divisione di forze; scegliendo a ciò fare l'ora mezzana del giorno, nella quale gli Aragonesi più sbadati intendevano ad altre bisogne. Comandò a tal uopo a cinquecento dei suoi Tedeschi a cavallo e a varie bande scelte di pedoni si lanciassero con subito movimento da parti diverse ad assaltare la fortezza nimica. E fu egli obbedito così velocemente, che già gli assalitori erano giunti sotto le mura avanti che le scolte dell'infante si avvedessero del loro arrivo. Laonde fu necessario, affinché i fanti aragonesi potessero fare un po' di testa, serrare precipitatamente le porte della rocca; dalla quale esciti poco stante in ordinanza, combatterono con tanto coraggio, vibrando contro ai cavalli le loro lancie e balestrandoli anche da lunge colle freccie, che voltatasi tosto faccia dai cavalieri e strascinata da essi nello scompiglio della fuga la maggior parte degli altri assalitori, passò quel tentativo con danno grandissimo dei Pisani e con la strage di trecento dei migliori loro soldati [958] .


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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