Le operazioni degli uffiziali regii furono sì efficaci, che i Genovesi, risolutisi di nuovo ad offendere il re, piuttostoché indirizzare le loro scorrerie alla Sardegna, si voltarono ad inquietare le coste della Catalogna; e tredici galee di Genova che si vollero separatamente avventurare ad andare in corso nel porto di Cagliari, vi trovarono resistenza tale e tanto danno ricevettero dai difensori della città, che dovettero perdere la maggior parte dei marinai. Il re pertanto, la cui signoria gittava ogni dì nella Sardegna radici più profonde, sentiva maggior incitamento a careggiare con ogni maniera di cortesia Mariano e Giovanni d'Arborea, figliuoli del giudice, recatisi ad esempio del loro fratello maggiore Pietro presso al re per crearsi nella di lui corte; dove venivano osservati con sì alto riguardo, che pareggiati erano nel trattamento agli infanti d'Aragona. Abbenché poco abbia giovato per Mariano quest'abbondanza di amorevoli offiziosità; e la sua unione sotto gli auspizi regii con donna Timbora di Rocabertí; e l'esser egli stato onorato dalla mano del re del cingolo equestre nell'occasione di quelle nozze, splendidamente festeggiate nella corte; perché, come in appresso vedremo, questo principe cresciuto nell'aula dei sovrani d'Aragona, fu poscia il più aspro ed il più costante dei loro nimici [988] .
I Genovesi ed i Doria non istettero lungo tempo senza travagliare di nuovo i signori dell'isola; e quantunque male fosse loro tornato il tentativo fatto di occupare il castello di Chirra nella costa orientale della Sardegna, non perciò si tennero dell'armeggiare investendo Terranova e le rocche di Petreso, della Fava e di Galtellì, e dando il guasto alla villa di Sorso.
| |
Genovesi Sardegna Catalogna Genova Cagliari Sardegna Mariano Giovanni Arborea Pietro Aragona Mariano Timbora Rocabertí Aragona Genovesi Doria Chirra Sardegna Terranova Petreso Fava Galtellì Sorso
|