Il luogotenente d'altro canto, stando in sentore pel mal umore del giudice, innalzava in Roccaforte un altro castello, che minacciava Mariano più dappresso. Il re istesso conoscendo l'equivoco andamento delle cose mostravasi più facile ad accogliere in grazia i marchesi di Malespina; restituendo loro cogli altri luoghi il castello d'Osilo, onde avere nei prossimi cimenti, se non qualche amico di più, qualche avversario di meno. In questi frangenti il giudice, vedendo che non più occulta era la di lui mutazione, accostavasi alla parte dei Doria e loro permetteva ogni procaccio nelle sue terre, favoreggiando la fortificazione maggiore di Alghero e di Castelgenovese. Il re pertanto, stando sopra pensiero per questa sinistra inclinazione delle cose, provvedeva più efficacemente all'armamento del suo navilio; e frattanto comandava a don Stefano di Aragona, figlio era del duca d'Atene e nipote del re di Sicilia, passasse in Sardegna con una compagnia di cavalli ed altra di balestrieri [1008] .
Gli apprestamenti della guerra corrisposero all'importanza. I sudditi aragonesi faceano a gara di secondare il re nell'impresa; ed i procuratori delle città e ville reali di Catalogna offerivano colle loro persone ed averi le imposizioni tutte della provincia, con ciò che capo della spedizione fosse nominato Bernardo di Cabrera; il quale, presente alle conferenze, accettava l'orrevole e rischioso incarico. Il re stesso, prima di permettere la partenza del navilio, ragunava nella sua reggia di Valenza tutti i gentiluomini della spedizione, e con gravi ed animate parole gli esortava a mostrarsi leali cavalieri non meno nel combattere il nemico, che nell'obbedire al loro generale; pel rimanente si confidassero della buona giustizia della causa, della buona ventura del capitano.
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