Né s'indusse a liberare il castello di Chirra dall'assedio, se lo strumento della pace non era prima pubblicato. Grandemente perciò fu agitata nel consiglio del re la convenienza dell'accordo. Nondimeno don Bernardo di Cabrera inclinante alla pace considerava: esser il re infermo, l'esercito menomato per la moria e posto in disagio di vittuaglie; se la pace era opportuna, giovar meglio la pace presente che la sperabile; se il più savio consiglio era quello della guerra, non mancheriano al re occasioni pronte di romperla di nuovo contro ad un vassallo ribelle; colla pace sperperarsi i Sardi solleciti di riparare alle mura domestiche; togliersi con ciò al giudice la metà delle sue forze; mirassero al vantaggio del ripopolare prontamente Alghero di sudditi fidi, al pericolo del prolungare in altra stagione quell'assedio; il giudice privarsi da se stesso dell'ausilio dei Genovesi e del signore di Milano quando senza loro intervento consentiva ad una pace isolata; le grandi ingiurie perdonarsi talora generosamente; dissimularsi più volte cautamente [1016] .
Precipitava quest'arringa le risoluzioni e la pace si conchiudeva; dopo la quale il re entrava in Alghero e vi si soffermava per alquanti giorni, facendo provvisione allo sgombero degli antichi abitanti ed al ripopolarsi del luogo con coloni aragonesi e catalani. Ripartì allora fra questi tutte le terre e privilegiolli in maniera singolare, acciò crescesse sotto i più fausti auspizi la città novella; la quale diventò poscia la prediletta dei Catalani colà accorrenti in tal copia e soggiornantivi con tal compiacenza, che ebbe Alghero a trarne il nome di Barcelloneta [1017] .
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