Né poté il re aver agio a combattere i nimici del nuovo regno, senza prima trattare d'una tregua con gli altri suoi nimici del continente. Comandò quindi ad Olfo di Procita, suo luogotenente, allontanatosi per altre cagioni dall'isola [1031] , vi passasse altra volta colle sue galee; vi passasse pure Ugone di Santapace con novelle soldatesche; e sottentrasse al governo generale del regno don Pietro di Luna, al quale diede il comando di seicento cavalli e di mille fanti. Nondimeno erano queste forze insufficienti contro agli armamenti del giudice; epperò, quantunque Ugone di Santapace si fosse fortificato nella Gallura ed il governatore d'Alghero don Giovanni Carròz disponesse cautamente le sue genti nel Logodoro, non poterono ambi impedire che le bande del giudice danneggiassero le terre regie e che loro si sottomettesse il castello di Petreso [1032] .
Molto opportuno fu per tal cagione il succeduto invio di truppe che il re sottopose al governo dello stesso don Pietro di Luna. Militavano in quell'esercito, comandando alcune compagnie di fanti, due sardi, Lorenzo e Giovanni Sanna di Figulinas, fratelli; i quali, avendo seguito le arme aragonesi fino dai tempi di Rambaldo di Corbera, si tennero sempre in fede e non vollero abbandonare i vessilli reali allora che novello cimento si presentava nella patria loro. L'esercito aragonese si affrettò a porsi a fronte delle genti del giudice, che avea riparato entro le mura d'Oristano; senza por mente che, con un uomo della tempera di Mariano, né facile tornava in ogni tempo l'offesa, né soverchia era in qualunque momento la cautela.
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