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      Governandosi pertanto sbadatamente quelle truppe e sbrancandosi per quelle pianure, escì repentinamente Mariano dalla città coi suoi; e con tanto impeto investì i soldati regii, che uno solo non poté scamparne; e periva lo stesso luogotenente generale ed il fratello suo Filippo di Luna con molti altri cavalieri, restando prigioni i sopravvissuti. Onde se cadeva già altra volta in quella provincia il rappresentante del re nella fuga, cadeva ora nella mischia; e le cose regie per tal disavventura riducevansi allo scoraggimento ed al periglio estremo. Partì perciò frettolosamente per la Catalogna Olfo di Procita (il quale dal comando generale dell'isola era passato al governo del navilio), lasciando colà poche galee. Ed il re conoscendo che la promessa della personale sua passata in Sardegna potea solo ristorare gli animi abbattuti dei suoi suggetti, facea tosto pubblicare questa sua deliberazione; comandando nel mentre ad Alberto di Zatrillas, governatore di Cagliari, scambiasse coi prigionieri del giudice gli ostaggi sardi che avea presso di sé; ed al conte di Chirra, don Berengario Carròz, assumesse con grande vigilanza la difesa della minacciata città di Sassari [1033] .
      Allo stesso conte di Chirra fu quindi commesso il comando generale del regno; ed egli giovossi nel resistere alla crescente preponderanza del giudice meglio della fidanza che lasciava il sempre promesso arrivo del re, che dei soccorsi avutine. A tale speranza fu dovuta la difesa coraggiosa del castello di Acquafredda, inutilmente assaltato dalle genti di Mariano; ed il ravvedimento di Brancaleone Doria, il quale dalle parti dell'alleato passò a quelle del re, ottenendone in compenso rinovellazione di feudi e personali onori.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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