Mentre il navilio salpava da Barcellona, don Martino veleggiava da Alghero a Cagliari e cominciava quivi con le sue cavallerie siciliane a correre nelle terre dei nimici. Le castella regie ristoravansi alla sua presenza; ed i cittadini innalzavansi alla speranza di vedere oramai dopo quaranta anni di continua guerra od assedio, e di una fedeltà a tutta prova, mutata la loro fortuna. La flotta stessa siciliana, benché non numerosa, avventuravasi di combattere; ed un'armatetta genovese incontratasi nelle acque dell'Asinara colle galee del re, cadeva intieramente in potere del capitano siciliano Francesco Coloma [1114] .
Quando il navilio catalano giunse nell'isola il visconte di Narbona avea già raunato tutto il suo esercito nella pianura di Sanluri; e perciò don Martino non volendo interporre dilazione all'andargli a rincontro, esciva dal castello di Cagliari con tremila cavalli ed ottomila fanti, e dopo cinque mosse piantava i suoi alloggiamenti in luogo non discosto dal campo dell'inimico. Nel dì seguente le schiere del re in ordinanza presentavansi al cospetto delle soldatesche del visconte. Avea il re preveduto che i Sardi spingerebbero nei primi incontri i loro animosi fantaccini; deliberava pertanto ponessero tosto piè a terra i più destri ed i più prodi dei suoi cavalieri, acciò nella prima pugna resistessero meglio a quell'impeto. Ma la cosa procedette diversamente; perché avendo dovuto il re accerchiare un colle dove la cavalleria del visconte erasi ordinata, sovra questa principalmente dovettero urtare gli Aragonesi e prender battaglia in quel luogo.
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