Gagliardo fu il cozzo delle due cavallerie e furiosa la mischia; la quale durò terribile, quant'altra mai, e con strage grandissima dei combattenti; infino a che le schiere regie francheggiate dall'esempio di un sovrano che in quella giornata non mancò un momento solo del debito suo di capitano e di guerriero, ebbero o il pregio o la sorte della vittoria. La mortalità dei Sardi fu la maggiore, e cinquemila di essi caddero nel luogo stesso ove pugnavano. Lo stendardo del visconte venne in mano dei Catalani. Egli sbaldanzito riparò affrettatamente al suo castello di Monreale, incalzato dai nimici fino alle porte di questa rocca; frattantoché la terra di Sanluri andava a sacco con novella strage di mille di quei popolani ed occupavasi dai vincitori la possessione di quel castello [1115] .
Dallo stesso luogo di Sanluri spediva subitamente don Martino il messaggio di quella felice giornata al re suo padre. Ritornando quindi nella capitale ponea la mira a guiderdonare i suoi commilitoni; e fra questi uno dei più animosi, Gerardo Dedoni, già chiaro nelle guerre di Sicilia; il quale, privilegiato di varii feudi, lasciò nell'isola la sua discendenza. Disponeasi pure il re a profittare della vittoria con far provvisione all'assedio della città d'Oristano; dove era poscia rifuggito il visconte con i migliori suoi campioni sopravvissuti alla battaglia. Al tempo medesimo Giovanni de Sena, sardo devoto alla causa regia, era operatore che l'importante castello di Villa Iglesias si riducesse nuovamente a obbedienza.
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