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      Malgrado di questa convenzione riconosceva il re la necessità di passare egli stesso nell'isola per affermarvi in modo migliore la sua dominazione; e perché quel viaggio tornava egualmente opportuno a governare più dappresso le bisogne della Sicilia e della Corsica. Onde dopo aver surrogato nel comando generale del regno ad Acarto de Muro, che morì nell'isola, lo stesso Giovanni di Corbera, già altra volta destinato a tal incarico durante l'interregno; vedendo che sotto il di lui reggimento prosperavano di nuovo le cose, per aver egli posto in opera nel combattere i ribelli (i quali o in nome del visconte o di altri non mancavano mai d'inquietare gli uffiziali regii) le soldatesche colà venute dalla Sicilia, risolveva di farne il maggior suo pro e di non differire lunga pezza il suo passaggio; ed a testimonianza di onore e di stima, rendevane informato il marchese di Oristano, al quale i ministri aragonesi erano stati in tutto quell'intervallo di tempo debitori di fedeltà costante, di personale cooperazione negli scontri guerreschi e di grossi sussidi in denaio. Contribuiva infine a confortare l'animo del re a quella gita la morte allora avvenuta del visconte senza discendenza maschile; per la quale riescì più agevole il poter conchiudere con Guglielmo dei Tinerii, suo erede, una nuova conciliazione d'ogni antica controversia, mercé del promesso pagamento di centomila fiorini [1138] .
      Salpò il re dalle coste di Catalogna con un navilio numeroso e ben ordinato; e sbarcato in Alghero, trovò ivi il conte don Artalo de Luna, già intento da qualche tempo a correre contro ai ribelli; al quale il re tosto commise di passare con sei galee a Longonsardo ed a Terranova per investire quelle due rocche.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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