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      Nullameno prima di venire alle armi, tentava il marchese d'interporre qualche dimora e dicevasi disposto ad una trattativa; la quale fu ricusata dal viceré, perché in quello stesso tempo gli si annunziava segretamente aver il nimico posto la mira a sorprenderlo disavveduto. Precipitando adunque più del dovuto gli indugi, il viceré spinse le sue schiere; e queste, comandate dal visconte di Sanluri, lanciaronsi arditamente a combattere. Ma ardita del pari e meglio ordinata fu la resistenza delle genti del marchese; le quali in breve ora, posto lo scompiglio fra gli Aragonesi, ferirono a morte il visconte, s'impadronirono di alcuni gentiluomini dei principali e misero in volta le soldatesche regie; in modo che restò il marchese padrone del campo e delle copiose spoglie trovatevi, delle quali riserbò a sé quella parte che allora soleano riserbare i sovrani. Forte quindi di quel buon successo, occupava egli le regioni di Partemonte, Valenza, Monreale e Marmilla; e circondando d'assedio la rocca di Monreale mal governata dal cavaliere catalano Bernardo Montboy, la riduceva in pochi dì a sua obbedienza. Ed egualmente avventuroso nell'impossessarsi del castello non meno importante di Sanluri, bandiva ai suoi soldati: lo seguirebbero indi a poco nel castello di Cagliari; esser colà indirizzate le sue armi; molti possenti cittadini esservi apparecchiati a sostener la sua parte. La qual cosa era vera; perché don Francesco di Alagón, di lui fratello, soggiornante nella capitale, eragli pienamente devoto insieme con molti altri gentiluomini suoi aderenti.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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