Il solo don Pietro di Alagón, abbenché stretto congiunto di Leonardo, parteggiava pel re. In lui pertanto riponeva il sovrano la maggior confidenza, allorquando, saputo il subitaneo ribellamento della provincia d'Arborea ed il sinistro evento della giornata di Uras, scriveva al viceré: inclinare il suo animo ad una composizione delle insurte competenze ed esser disposto a lasciare in mano del marchese l'antico patrimonio degli antecessori, qualora s'inducesse a liberare i prigioni e restituire le terre mal occupate; facesse in ogni evento gran conto del senno e del braccio di don Pietro di Alagón; esser egli tal uomo, che impiegato opportunamente avria potuto indirizzare le cose a miglior fine. Con le quali espressioni mostrava già il sovrano di disapprovare l'improntitudine del suo rappresentante; cui oramai tornava dura la conciliazione che impresa in miglior tempo sarebbe stata più agevole. E così fu difatti; perciocché quantunque il re avesse comandato al viceré di Sicilia don López Ximenes de Urrea di passare in Sardegna, ed ivi conchiudere la concordia col marchese mediante uno sborso di centocinquantamila ducati, questi avea continuato nella sua contumacia, seguendo il corso prospero delle sue armi; non senza il conforto di veder assentire ai suoi movimenti i Doria; i quali già privati, ma non dimentichi degli antichi loro dominii nell'isola, faceano allora fondamento per disputarli altra volta nella protezione del duca di Milano [1184] .
Restarono le cose per qualche tempo in questo stato perché il re continuava ad esser impigliato nel comprimere la rivolta dei Barcellonesi.
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